Pablo Larraín, regista ormai celebre per la sua capacità di raccontare figure iconiche attraverso episodi cruciali delle loro vite, torna con un nuovo, attesissimo biopic: “Maria”. Dopo aver indagato l’animo di Jackie Kennedy e la fragilità di Lady Diana, questa volta l’autore cileno porta sul grande schermo l’ultimo atto della vita di Maria Callas, una delle più grandi cantanti liriche del Novecento.
Il film, in uscita nelle sale italiane il 1° gennaio, vede Angelina Jolie in un’interpretazione magistrale che già molti indicano come meritevole di una candidatura all’Oscar. Presentato in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, “Maria” racconta con delicatezza e profondità l’ultima settimana della diva, immersa nella solitudine della sua residenza parigina nel 1977, poco prima della sua morte.
Un ritratto intimo e doloroso di una leggenda
Ambientato a Parigi, il film ci porta dentro l’esistenza di una Callas ormai lontana dai riflettori, ritiratasi dalle scene da quattro anni e consumata dal peso dei ricordi, dei rimpianti e della perdita della sua voce. La pellicola non si limita a ricostruire cronologicamente la vita dell’artista, ma si concentra su un periodo specifico, un approccio che permette al regista di scavare nei recessi più profondi dell’animo della protagonista.
La Maria Callas di Jolie è una figura complessa: altera, fragile, e persa in un mondo in cui il confine tra realtà e illusioni si fa sempre più sfumato. La diva si aggrappa ai suoi ultimi legami affettivi, tra cui i fedeli domestici Ferruccio e Bruna (interpretati dai talentuosi Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher) e la sorella (Valeria Golino), che cerca di sostenerla nonostante la sua salute sempre più precaria. Ma al centro della sua lotta c’è il rapporto con la propria voce, il dono che l’ha resa immortale e che ora sembra abbandonarla.
La voce come simbolo di identità e tormento
In “Maria”, la voce di Callas diventa metafora di una ricerca più ampia: quella dell’identità. Per la cantante, non esibirsi più equivale a perdere una parte fondamentale di sé stessa. Ed è per questo che, nonostante il fisico logorato e i dubbi sulla sua capacità di tornare a cantare, Maria decide di sottoporsi a delle prove vocali, un gesto quasi eroico per ritrovare il legame con la sua arte.
Le scene che Larraín ci regala sono intrise di poesia e tragedia, con silenzi carichi di significato e dialoghi incisivi che mettono in evidenza la lotta interiore della protagonista. Una delle battute più potenti del film la vede confessare di andare al ristorante solo per essere adulata, una frase che riassume la complessa relazione tra la diva e il mondo che la circonda.
Un cast di prim’ordine e una produzione di eccellenza
Accanto alla straordinaria performance di Jolie, il cast di “Maria” brilla per intensità e talento. Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher offrono interpretazioni toccanti nei panni dei domestici che assistono la Callas con affetto e discrezione, mentre Valeria Golino riesce a rendere credibile il rapporto ambivalente tra Maria e la sorella, sospeso tra amore e dipendenza.
Il film si avvale di una sceneggiatura firmata da Steven Knight, già noto per lavori di grande spessore, e di costumi impeccabili creati da Massimo Cantini Parrini, che restituiscono l’eleganza e la decadenza degli anni Settanta. Prodotto da Fremantle, Fabula Pictures e Komplizen Film, il biopic è distribuito in Italia da 01 Distribution.
“Maria”: Un viaggio emozionante tra mito e realtà
Maria non è solo un omaggio alla Callas, ma una riflessione universale sulla solitudine e sul rapporto tra ciò che siamo e ciò che gli altri vedono in noi. Larraín costruisce un mosaico struggente fatto di luci e ombre, mostrando una donna che, nonostante tutto, cerca di confrontarsi con il mito di sé stessa.
Con un’interpretazione che potrebbe ridefinire la carriera di Angelina Jolie e una narrazione potente e visivamente straordinaria, Maria si prepara a essere uno dei film più significativi del 2024. Un appuntamento imperdibile per chi ama il cinema che emoziona e fa riflettere.