Quando un cagnolino rosso diventa grande – in tutti i sensi – il risultato è un film che unisce tenerezza, comicità e tecnologia. Ma “Clifford – Il grande cane rosso” non è solo una pellicola per famiglie: è il frutto di una lunga storia editoriale, un lavoro tecnico ambizioso e una serie di aneddoti curiosi che meritano di essere raccontati.
“Clifford – Il grande cane rosso”: Dalle pagine dei libri al grande schermo
Clifford nasce nel 1963 dalla fantasia di Norman Bridwell, autore e illustratore statunitense. Il suo primo libro per bambini, dedicato a questo enorme cucciolo rosso, ha riscosso un successo inaspettato, dando vita a una lunga serie editoriale e a vari adattamenti animati. Il nome “Clifford” non è casuale: Bridwell lo scelse su suggerimento della moglie, che voleva rendere omaggio a un amico d’infanzia. Inizialmente, il cane doveva chiamarsi “Tiny” (cioè “minuscolo”), un’ironia evidente viste le dimensioni del protagonista.
L’arte dell’animazione… e dei pupazzi
Nel portare “Clifford – Il grande cane rosso” al cinema, i registi hanno scelto un approccio ibrido tra live action e CGI. Il personaggio principale è interamente generato al computer, ma durante le riprese reali gli attori si sono spesso confrontati con un’enorme sagoma o un pupazzo su cui calibrare sguardi ed emozioni. Questo accorgimento ha permesso loro di recitare in modo più autentico, creando un’interazione credibile tra il mondo reale e quello animato.
Una tonalità difficile da trovare
Uno degli aspetti più curiosi riguarda la scelta del colore di Clifford. Sembra semplice, ma trovare la giusta sfumatura di rosso ha richiesto numerosi test cromatici. Doveva essere brillante, inconfondibile, ma anche capace di integrarsi bene con le luci naturali del set e con la pelle degli attori. Alla fine, si è optato per un rosso caldo, profondo, che risulta accogliente e iconico allo stesso tempo.
Una distribuzione ritardata… provvidenziale
L’uscita di “Clifford – Il grande cane rosso” era inizialmente prevista prima, ma la pandemia da COVID-19 ha causato il posticipo della distribuzione. Un ritardo che si è rivelato, in parte, vantaggioso: il team ha sfruttato il tempo extra per migliorare ulteriormente la resa visiva del cane e affinare diverse sequenze digitali, soprattutto quelle più complesse.
Un set a misura di animale per “Clifford – Il grande cane rosso”
Anche se Clifford è un personaggio virtuale, il film ha previsto la presenza di altri animali reali. La produzione ha quindi adottato misure rigorose per garantire il benessere di tutti gli animali presenti sul set. Il cast ha seguito sessioni di formazione per interagire in modo corretto con gli animali, in un ambiente dichiaratamente animal-friendly.
Un piccolo omaggio nascosto
Tra le chicche per i fan più attenti, c’è un easter egg che omaggia le origini letterarie del personaggio: in una scena, un passante indossa una maglietta raffigurante la copertina del primo libro di Clifford. Un tocco affettuoso inserito volutamente dai creatori come tributo all’eredità dell’illustratore Bridwell.
Un messaggio (davvero) grande
Oltre all’intrattenimento, “Clifford – Il grande cane rosso” veicola un messaggio importante: ciò che ci rende “diversi” è spesso ciò che ci rende speciali. Il protagonista, enorme e fuori misura rispetto al mondo che lo circonda, diventa il simbolo dell’accettazione, dell’amore incondizionato e del coraggio di essere se stessi.