Dal 16 gennaio arriva nei cinema italiani “Oh, Canada! – I Tradimenti”, il nuovo film di Paul Schrader che segna il ricongiungimento tra il regista e Richard Gere, dopo oltre quarant’anni dalla loro iconica collaborazione in “American Gigolò”. Questo lungometraggio, presentato al Festival di Cannes, si ispira al romanzo “Foregone” di Russell Banks, intrecciando tematiche universali come l’amore, la menzogna e l’identità.
La trama di “Oh, Canada! – I Tradimenti”: il passato che ritorna
Il protagonista Leonard Fife, interpretato da Richard Gere, è un documentarista celebre per il suo approccio autentico al cinéma vérité, capace di rivelare la realtà più cruda attraverso i suoi film. Tuttavia, il suo lavoro impeccabile cela una vita segnata da segreti e compromessi. Rifugiatosi in Canada da giovane per sfuggire alla chiamata alle armi durante la guerra del Vietnam, Fife ha trascorso decenni costruendo una nuova identità e nascondendo un passato scomodo.
Ora, in fin di vita a causa di una malattia terminale, decide di confessare tutto, affidandosi a un’ultima intervista registrata da un gruppo di registi, tra cui i suoi ex studenti Malcolm (Michael Imperioli) e Diana (Victoria Hill). Accanto a lui, la moglie Emma (Uma Thurman), compagna di una vita e silente custode delle sue omissioni. Attraverso i racconti di Fife, il pubblico viene trasportato negli anni ’60, quando le sue scelte giovanili lo condussero lontano dagli Stati Uniti e dai suoi ideali.
Un cast e una regia straordinari
Richard Gere offre una delle interpretazioni più intense della sua carriera, dando vita a un personaggio vulnerabile e tormentato. Accanto a lui, Uma Thurman aggiunge profondità emotiva al dramma, mentre Jacob Elordi, nei panni del giovane Fife, incarna la forza e la fragilità di un uomo costretto a reinventarsi. La regia di Schrader esplora il tema della redenzione, mostrando come il peso delle menzogne possa plasmare un’intera esistenza.
L’eredità di Schrader e il valore del film
“Oh, Canada! – I Tradimenti” si distingue per il suo tono intimo e riflessivo, in contrasto con la brutalità dei precedenti lavori di Schrader. Il film non parla solo di colpe e fughe, ma anche della possibilità di riconciliarsi con se stessi, esplorando la linea sottile tra verità e menzogna. Pur mantenendo una fedeltà quasi reverenziale al romanzo di Banks, Schrader aggiunge il suo tocco unico, trasformando il film in un viaggio emotivo e universale.