“Il richiamo della foresta” è uno di quei titoli che evocano immediatamente l’immagine di avventure selvagge, cani eroici e paesaggi innevati. Ma dietro le quinte di questa storia – portata più volte sul grande schermo, con l’ultima versione hollywoodiana del 2020 – si nascondono aneddoti curiosi, scelte tecniche insolite e piccole rivoluzioni cinematografiche che meritano di essere raccontate.
“Il richiamo della foresta”: Un cane… in CGI
Uno degli aspetti più discussi dell’ultima versione di “Il richiamo della foresta” è stato l’utilizzo della computer grafica per rappresentare Buck, il cane protagonista. A differenza di molte altre produzioni in cui si utilizzano veri animali addestrati, qui Buck è stato ricreato interamente in digitale. Dietro le sue movenze si cela l’attore e mimo Terry Notary, specialista nel motion capture, già noto per il suo lavoro in film come “Il pianeta delle scimmie“. Questa scelta ha permesso agli autori di far compiere a Buck azioni impossibili (o pericolose) per un cane reale, ma ha anche diviso critica e pubblico per l’effetto leggermente “cartoon” del protagonista.
L’Alaska… californiana
Anche se “Il richiamo della foresta” è ambientato tra i ghiacci e le terre selvagge del Klondike, gran parte delle riprese non si sono svolte in Alaska. In realtà, molte scene sono state girate in California, in particolare in zone montane come il Mammoth Lakes. Le sequenze più suggestive, con paesaggi innevati e fiumi impetuosi, sono frutto di un mix tra location reali e paesaggi ricostruiti in studio, arricchiti digitalmente.
“Il richiamo della foresta”: Un omaggio al cinema muto
Gli appassionati più attenti avranno notato una scelta stilistica curiosa: alcune sequenze di “Il richiamo della foresta” sono prive di dialogo e puntano tutto sulla forza visiva, sulle espressioni e sull’intensità della musica. Un richiamo, forse voluto, al cinema muto delle origini, che proprio con questa storia ebbe una delle sue prime trasposizioni nel 1923.
Harrison Ford e la sfida emotiva
Harrison Ford, che interpreta il cercatore solitario John Thornton, ha rivelato in più interviste che questo è stato uno dei ruoli più intensi a livello emotivo della sua carriera recente. Lavorare accanto a un personaggio che in realtà non esisteva sul set ha richiesto un impegno particolare: molte delle sue scene principali con Buck sono state girate con Notary a quattro zampe o con oggetti segnaposto. Una sfida notevole, che ha richiesto una grande dose di immaginazione.
La colonna sonora orchestrata “a mano”
Il compositore John Powell, autore della colonna sonora, ha deciso di registrare molte delle tracce principali con un’orchestra dal vivo, evitando l’uso massiccio di sintetizzatori. Il risultato è una musica densa di pathos, che accompagna l’evoluzione del rapporto tra uomo e animale, e che ha ricevuto numerosi elogi per la sua capacità evocativa.
La vera ispirazione di Buck
Un dettaglio poco noto: il personaggio di Buck non è totalmente inventato. L’autore del romanzo originale si sarebbe ispirato a un vero cane incontrato durante i suoi viaggi nel Nord America, un misto tra San Bernardo e Pastore scozzese. Anche se le trasposizioni cinematografiche hanno modificato il suo aspetto, la fierezza e lo spirito selvaggio del personaggio restano fedeli all’idea iniziale.
Il messaggio ecologista
Dietro la narrazione avventurosa e le dinamiche drammatiche, “Il richiamo della foresta” nasconde un messaggio fortemente ecologista. Il film, con la sua rappresentazione della natura incontaminata e la critica implicita allo sfruttamento animale e umano, invita a riflettere sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Un tema sempre più attuale, che ha trovato un terreno fertile anche nelle generazioni più giovani.